Lo Sciamanesimo Siciliano: alle radici della nostra memoria ancestrale
- roberta gea
- 16 apr
- Tempo di lettura: 3 min
Quando si parla di sciamanesimo, l’immaginario collettivo vola verso terre lontane, ma c’è uno sciamanesimo che vive molto più vicino di quanto immaginiamo: quello delle nostre radici siciliane. Un sapere che non si è mai chiamato “sciamanesimo”, ma che ne incarna perfettamente l’essenza: connessione con il mondo invisibile, con la natura, con gli spiriti e con l’anima profonda del popolo.
In Sicilia, questo sapere è stato custodito dalle donne. Figure spesso temute, rispettate, isolate o venerate: le majare.
Le majare: le sciamane dell’isola
Il termine majara (o magara, maga) affonda le radici nel latino magus – colui o colei che conosce i misteri. In Sicilia, la majara non era semplicemente una strega come la definiva l’Inquisizione, ma una donna sapiente, una custode del sacro, del visibile e dell’invisibile.
Le majare erano conosciute per la loro capacità di guarire, proteggere, vedere oltre. Lavoravano con le erbe, i sussurri, i simboli, i sogni. Sapevano leggere i segni del cielo, interpretare presagi, sciogliere nodi invisibili dell’anima. Alcune erano conosciute come "fattucchiere", altre come "signure di erbi", donne che si muovevano tra le pieghe del reale e dell’invisibile con profonda consapevolezza.
Le loro pratiche includevano:
benedizioni con olio e acqua (come la celebre “prova dell’olio” per diagnosticare il malocchio);
invocazioni ai santi e alle Madonne nere, come quella di Tindari, sincretizzazioni di divinità più antiche;
raccolta rituale di erbe in date precise dell’anno, come la notte di San Giovanni, in cui si facevano infusi purificatori e protettivi;
preghiere segrete, trasmesse oralmente solo a chi era pronto;
gesti magici tracciati nell’aria, nei campi o sul corpo, per scacciare energie negative.
Un sapere tra sincretismo e resistenza
Molte delle pratiche sciamaniche siciliane sono sopravvissute attraverso un raffinato sincretismo: gli antichi culti della Madre Terra e delle Dee lunari sono stati trasfigurati nelle Madonne contadine, e gli spiriti dei luoghi si sono nascosti dietro i nomi dei santi patroni.
Così come nelle Ande si invoca la Pachamama e in Africa si danza per Yemanjá, anche in Sicilia, fino a pochi decenni fa, si danzava per la Madonna della Rocca, si portavano offerte ai crocicchi, si accendevano candele agli alberi sacri, si seppellivano simboli nei campi per invocare protezione e fertilità.
Le majare, spesso isolate per la loro “diversità”, sono state bersaglio della repressione religiosa, eppure hanno resistito. Nei paesi più remoti, il loro sapere si è trasmesso sotto voce, spesso in codice, tra donne. Ed è ancora lì, nei ricordi delle nonne, nei racconti sussurrati, nei rituali che si fanno “per tradizione” ma hanno origini molto più profonde.
Lo sciamanesimo siciliano oggi: un ritorno a casa
Riscoprire oggi questo patrimonio significa onorare la memoria delle nostre antenate. Significa smettere di cercare altrove ciò che ci appartiene già. Lo sciamanesimo siciliano non ha bisogno di etichette o esotismi: è una via umile, profondamente terrestre, radicata nel corpo e nella relazione con la terra.
Significa ricordare che anche noi possiamo diventare portatrici di medicina, come le majare. Che possiamo riconnetterci con il ciclo della luna, con gli spiriti degli alberi, con l’intuito che ci guida. Che possiamo usare le mani, la voce, l’intenzione, le erbe, la presenza, per guarire.
Una piccola pratica ispirata alla tradizione delle majare
💧 Il rito dell’olio e dell’acqua per liberarsi dal malocchio (o dalle energie pesanti)
Un rituale antico, semplice e potente.
Riempi un piattino di acqua e poni al centro una goccia d’olio.
Osserva se l’olio si rompe o si espande in forma irregolare: si dice che "qualcosa" è stato assorbito.
Puoi recitare, mentre lo fai, una preghiera personale o una formula come:
“Togli o Signore, il male e la pena, luce sia fatta e la pace ritorni”.
Butta via l’acqua sotto un albero e ringrazia.
Riconnettersi con il sentiero delle majare è un atto di amore verso sé stesse e verso la Terra.
Un ritorno al femminile sacro, alla saggezza intuitiva, a quella verità che ci scorre nelle vene. Forse non abbiamo più bisogno di cercare fuori, se cominciamo a ricordare quello che dentro di noi è sempre esistito.
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